È dedicato all’ex «Eden Kursaal Teatro» (qui accanto in una foto d’epoca) di via degli Orafi (ora Galleria Vittorio Emanuele) il saggio di apertura, firmato da Mauro Cozzi, del
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È dedicato all’ex «Eden Kursaal Teatro» (qui accanto in una foto d’epoca) di via degli Orafi (ora Galleria Vittorio Emanuele) il saggio di apertura, firmato da Mauro Cozzi, del n. 2 monografico di Opus
Incertum, semestrale del dipartimento
di storia dell’architettura
e della città dell’università
di Firenze edito da Polistampa,
riguardante l’architettura
italiana dei cinema (pagg. 112,
euro 18). E c’è un buon motivo:
l’«Eden» infatti, inaugurato nel dicembre
1912, fu allora in Italia se
non il primo sicuramente il più rimarchevole,
moderno e innovativo
esempio di sala specificamente realizzata
per essere un cinema autonomo,
oltre che kursaal e teatro di varietà,
frutto di una scelta architettonica
inedita o quasi per quei tempi. Col
risultato che la sala pistoiese superò
«decisamente il precedente condominio
con i vari fenomeni da baraccone
» allora esistenti nel settore
dello spettacolo.
Fortemente voluto da quel geniale,
ambizioso e intraprendente commerciante
e imprenditore che fu
Antonio Lavarini, un ex venditore
piemontese di ombrelli trapiantato
a Pistoia, l’«Eden» (quale che sia il
giudizio sull’accumulo dilettantesco,
incoerente e contraddittorio di
stili e arredi frutto di una «brulicante
fantasia») fu un caso di spicco
per la specificità di quell’architettura
dedicata allo spettacolo, per la paternità
del progetto e per l’atipica
impostazione rispetto alla strada e
alla città. In particolare, Cozzi
segnala la modernità e originalità
della bellissima intuizione
di Lavarini di realizzare una
gran vetrina trasparente che reclamizzasse
la merce-cinema
sullo ’struscio’ di via degli Orafi,
una sorta di «membrana trasparente
» che proponeva continuità
tra il passeggio e lo spettacolo
sullo schermo, «sfruttando
il fascino della fotografia animata
come réclame non solo
per richiamare gente verso lo spettacolo
ma, indirettamente, anche
verso il limitrofo Emporio Duilio».
Ribaltando in tal modo «la concezione
del teatro o del cinematografo
di allora (e di oggi), la privacy,
l’intimità che esiste tra platea e palcoscenico
o schermo (...). Nel locale
pistoiese vigeva un criterio del
tutto opposto, un’idea di rapporto
con la strada che era caso mai tipica
dei bazar, dei passages, degli empori,
dei grandi magazzini».
Data recensione: 29/04/2007
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Cesare Sartori